Obama: "Voglio una Gerusalemme dove figli Abramo si mescolino in pace"

Storico discorso di Barack Obama, presidente degli Stati Uniti d’America, all’università islamica “Al-Azhar” a Il Cairo.

Un discorso conciliante, coraggioso e a tratti emozionante. “Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto. E sulla verità: America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani” esordisce l’inquilino della Casa Bianca. Le sue parole sembrano una chiudere una stagione di laceranti conflitti, ma come lui stesso ammonisce “Certi cambiamenti non avvengono in un giorno, ma dobbiamo provarci”.

Un nuovo inizio, dunque. Obama al Cairo getta le basi per ricostruire un rapporto, quella tra Occidente ed Islam, deterioratosi in seguito ad eventi sanguinari. L’11 settembre è una data indelebile nella memoria di tutti, ma la paura e la disperazione per quel tragico evento ” ci hanno portato ad agire contro i nostri ideali”. Ideali che rifiutano fortemente gli stereotipi di una società cristallizzata e monolitica “perché siamo una società che nasce dalla ribellione ad un impero, una nazione in cui tutti hanno la possibilità di realizzare se stessi. C’è un pezzo di mondo musulmano in America - dice Obama - e noi abbiamo sempre fatto di tutto per difenderne le prerogative e i diritti. In ognuno dei nostri Stati, ad esempio, c’è una moschea”. Il fulcro del discorso del presidente sono le questioni aperte con il mondo musulmano: Afghanistan, Iraq e la questione israelo-palestinese. Ponendo con forza la distinzione tra una caccia agli estremisti ed una guerra contro un Islam incolpevole, Obama ha inteso prendere le distanze dalla dottrina Bush, accordandosi con quest’ultimo solo sulla necessità dell’intervento in Afghanistan. Al contrario la guerra in Iraq è stata una precisa scelta “contestata anche nel nostro paese” sostiene il presidente. Poi un impegno preciso: entro il 2012 le truppe statunitensi lasceranno l’Iraq. E nel paese, aggiunge ancora Obama, non ci sarà alcuna base militare.

La visita in Egitto è stata anche l’occasione per ribadire il ruolo di mediazione che il paese di Hosni Moubarak svolge per placare il conflitto mediorientale. Risoluzione che secondo il presidente di Chicago passa per il riconoscimento, da parte di Israele, di una soluzione a due Stati. “Ci sono già state troppe lacrime. Lanciare razzi che uccidono bambini che dormono o donne che salgono su un autobus non è segno di potere” per questo la soluzione a due stati rimane “l’unica possibile” secondo Obama. E aggiunge che bisogna lavorare per fare di Gerusalemme “il luogo dove tutti i figli di Abramo potranno mescolarsi in pace”.

Il discorso, al quale il presidente ha lavorato alacremente, affronta un nodo cruciale per gli equilibri mediorientali: lo sviluppo della tecnologia nucleare in Iran. “Nessuna nazione dovrebbe interferire sulle scelte energetiche degli altri. L’Iran - precisa Obama - dovrebbe avere accesso al nucleare pacifico, ma deve aderire al Trattato di non-proliferazione”. Il confronto su questo tema cruciale “è ad una svolta decisiva” dichiara il presidente, e Washington è pronta ad “andare avanti senza condizioni preliminari”.

Infine un accenno alla democrazia. “Nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione ad un’altra. Ma questo non riduce il mio impegno - afferma il presidente Obama - per avere governi che riflettano la volontà della gente. L’America non presume di sapere ciò che è meglio per tutti, ma ho la convinzione certa che tutti i popoli desiderino alcune cose: la possibilità di poter affermare le proprie opinioni e poter avere voce su come si è governati. La fiducia in una legge uguale per tutti e in una giusta amministrazione, un governo trasparente, che non si approfitti della cittadinza, che sia onesto, e la libertà per ciascuno di scegliere la vita e lo stile di vita che preferisce. Queste non sono idee americane, ma diritti umani di base, che sosterremmo e per cui combatteremo ovunque”.

Un discorso ad ampio raggio. Un nuovo punto di partenza per instaurare rapporti più pacifici, basati sul dialogo e non sulla dottrina dell’attacco preventivo. Come ricorda Obama nel discorso, la diplomazia è un’arte sottile. I risultati si vedono nel lungo periodo. E le parole che il presidente degli Stati Uniti ha rivolto al mondo islamico sono una iniezione di speranza che illumina la strada verso una soluzione pacifica delle controversie tra Occidente ed Islam.

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